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Indierocket Festival 2005 (programma)   (26/03/2005)

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www.8records.net

29 Aprile 2005 ore 16.00 Palasport Via Rigopiano - PESCARA
red krayola (usa) drag city > www.dragcity.com
cerberus shoal (usa) north east indie > www.cerberusshoal.com
red worms farm (italia) fooltribe > www.halleynation.com
niobe (germania) sonig > www.sonig.com
daemien frost (irlanada) > www.daemienfrost.com
pfaff (olanda) > pfaff.musicweb.nl
s.e.t. (pescara)

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The Red Krayola
Quasi in concomitanza con l’uscita della colonna sonora “Japan in Paris in L.A”, nella quale Mayo Thompson (leader storico di questa incredibile band texana) si avvale della collaborazione di buona parte dei “nomi caldi” della scena di Chicago, esce “Singles”, raccolta di singoli pubblicati su vari formati nel corso dei 35 anni trascorsi dal nostro sotto la gloriosa sigla “Red Krayola”. Il disco viene consegnato ancora una volta dalla sempre interessante “Drag City” di Chicago, etichetta che sta investendo tantissimo sui Red Krayola avviando anche una politica di ristampe su formato cd dei loro storici 33 giri. Musicista, produttore, compositore, mente creativa di questo storico gruppo art rock avant psichedelico, Thompson ha la capacità di essere sempre fuori moda, poco trendy, difficilmente catalogabile e nel contempo avere una scrittura sopra la media risultando di disco in disco sempre fresco e interessante. Thompson significa concedere tutto alla varietà stilistica, spaziando dal proto rumorismo all’acid folk, dal blues alla new wave sghemba e alle sortite cantautorati, fornendoci un immagine di artista totale. “Singles” copre il periodo dal 69’ ad oggi, ed è un fedele ritratto nel tempo della sua inesauribile fantasia, del suo gusto nello scrivere e arrangiare le canzoni (sempre se di “canzoni” si può parlare) puntando l’accento su miscellanee di generi e stili apparentemente inconciliabili che solo il migliore art rock (quello di fine 70’ inizio 80’) ci ha insegnato. Red Krayola significa una insana dose di follia e molta moltissima avanguardia e sperimentazione, ma anche sapersi rinnovare nel corso del tempo senza apparire desueti e noiosi.


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Cerberus Shoal

I Cerberus Shoal si formano a Boston nell’Inverno del 94 grazie a Chris Sutherland che incontra i suoi futuri compagni al Berkley College. Con loro condivide tutto: dalla sensibilità musicale alla medesima provenienza geografica, il Maine. Lui è originario di Portland. Gli altri delle aree limitrofe. Da subito (sin dalla prima prova discografica, un ep omonimo autoprodotto del 95) si capisce la direzione che la band vuole prendere: la strada del più totale sperimentalismo rock. Il primo concerto viene tenuto nel 95, per la voglia di Sutherland di confrontarsi con il pubblico di Boston dopo un anno di chiusura forzata nella propria sala prove e l’arrivo di nuovi membri. Dopo l’esordio “And farewell to hightide” (accolto tra l’altro entusiasticamente dalla rivista Blow Up in Italia) per la piccola e misconosciuta “Tree rec” di Philadelphia ed un secondo album “Elements of Structure/Permanence”, i Cerberus Shoal fanno il botto dando alle stampe “Homb” (1999) e approdano alla “Temporary Residence” di San Francisco (label che si distingue per le ottime produzioni di area post rock e sperimentale). Quello contenuto in Homb è: rock privo di vincoli, vagamente psichedelico, con brani atmosferici e dilatati dall’andamento circolare. Homb è un disco in perfetto stile Kranky Rec, avvolgente, autunnale, introspettivo. Nel successivo “Mr Boy Dog” a prevalere è invece l’intellettualismo riflessivo alla Canterbury piuttosto che l’impeto emozionale: lunghe suite strumentali dai richiami jazz e world (spesso compare un originale strumentazione etnica) si snodano attraverso jazz e progressive, passaggi free e la presenza netta di fiati, richiami etnici e citazioni colte. Attesissimo nel 2001 da addetti ai lavori e riviste specializzate, Mr Boy Dog è un doppio che celebra giustamente il lavoro di uno dei gruppi alternative rock più importanti degli ultimi anni. Il disco che viene accostato a capolavori del genere tipo i dischi di Godspeed You Black Emperor, Tortoise, Sigur Ros ed ultimi Radiohead.



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I Red Worms' Farm vengono da Padova e sono un gruppo atipico. Atipico perché senza nessuna distribuzione alle spalle hanno stampato due cd esaurendoli solo grazie ai propri concerti. Atipico perché senza una grossa agenzia che lavori per loro hanno suonato in tutt'Italia ma non solo, in piccoli posti o di fronte a 3.000 persone.
Atipico perché al posto di scrivere auto-presentazioni che spesso suonano di gran lunga più interessanti della musica del gruppo che le scrive, preferiscono sudare e gridare assieme ai propri strumenti. Atipici
dunque perché sanno bene cosa conta e cosa no, per suonare buona musica.
Dal vivo sono uno dei migliori gruppi che potreste avere la fortuna di incontrare oggi in Italia. Vederli suonare live significa non scordarsi più il loro nome. Il loro è un impatto che non concedere respiro, in bilico tra post-punk e noise, tra ritmiche washingtoniane che ti obbligano a sollevare i piedi da terra e chitarre taglienti alla Sonic Youth che incidono in profondità, mentre melodie e cori trascinanti rendono tutto ancora più attraente e coinvolgente.
Vederli dal vivo significa non scordarsi più il loro nome. Attualmente sono in tour per promuovere il nuovo album appena uscito per Fooltribe dal titolo "AMAZING!".

Ad aprire la serata Bob Corn aka Tiziano di Fooltribe, promessa indipendente che si cimenta in maniera impeccabile nella produzione di concerti e dischi in quel di Ferrara, Modena e dintorni, qui in veste di cantauotore acustico dove l'atmosfera sonora è notevolmente bonaria, scandita da momenti d'introspezione degni del miglior Will Oldham (alias Bonnie the prince billy, Palace Brothers…) e approcci
di sana e graffiante lo-fi che ricordano un Lou Barlow d'annata.

Link:
www.halleynation.com

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Niobe “Tse Tse” (Sonig)
Yvonne, che di cognome fa quantomai profeticamente Cornelius, è artista venezuelana da tempo residente in Germania: i più attenti avranno scoperto già qualche anno fa, ascoltandone il buon debutto Radioersatz su Tomlab, i semi di una genialità raffinata e poliedrica. Per quanto tuttora acerbi, i frutti di quel genio sono tutti raccolti nel nuovo Tse Tse, con cui la Nostra passa dalla label di Colonia alla Sonig dei Mouse On Mars: l'approccio di Niobe unisce le strade del pop al decostruttivismo ragionato, ed il risultato è quantomai elegante e attraente.

Voci, frammenti, comete sonore ritagliate in un cut'n paste al contempo selvaggio e straordinariamente aggraziato, un po' come se Solex si trasferisse a Versailles: il Prolog iniziale, tra il fiabesco e lo schizoide, ben compendia il vastissimo raggio d'azione entro cui Niobe muove la propria arte. Ciò che sorprende, col passare delle tracce, è l'assoluta concretezza del risultato: influenze, colori e citazioni prese dall'intero scibile musicale e non si compattano in strutture che variano dal folk al soul (Black It Out, con tanto di fiati), dal rumorismo all'etno fino allo spoken word d'antan, per “normalizzarsi” definitivamente in una ghost track che rimanda alle atmosfere sfavillanti (e risolutamente down to earth) di Yoshinori Sunahara.

Un'ottima mediazione, insomma, tra mondi che spesso vengono estremizzati: Niobe concilia le esigenze di musicalità della composizione con quelle più elitarie della de-composizione, arrivando ad un compromesso intelligente, suadente, invitante. Provatela, ci ricascherete con piacere.
Il concerto della tedesca NIOBE, verrà introdotto dal live del progetto estemporaneo “S.E.T.”. Stefano D’Emilio (già DNA e PROSPECT) alla chitarra elettrica, insieme con Emilio EML Fasciani (in veste di DJ), e Tony Globster Lioci (manipolatore di suoni, dj) presenteranno un live elettroacustico, sulla scia di band come Radian o Velma, preparato appositamente per la seconda edizione dell’IRF 2005.

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DAEMIEN FROST
David Layde (Guitar), Mark McManus (Bass), Greg Barrett (Bass) & Hapi (Drums)

Biografia:
Formati in Dublino nel 2000, Daemien Frost, contengono membri di The Null Set, Spudgun and O, lavorano per circa un anno alla realizzazione dell'album che li porterà in evidenza in tutto il mondo. 'Corpus Daemo' questo lavoro li incoraggia a continuare ed esce dopo poco il singolo 'Single Of The Fortnight' per la The Dublin Event Guide e uno split 7" con The Jimmy Cake su etichetta Road Relish label e u altro split 7" UK tour single con l'acclamato artista londinese Montana Pete. Calcano il palcoscenico band del calibro di: Sweep The Leg Johnny, Oxes, Guapo, Trans Am and The Fucking Champs served to fuel homeground Un altro split 7" tra Daemien Frost and i giapponesi Melt Banana viene realizzato su Alpha Rlish Records . L'EP è un edizione limitata a 500 copie in vinile arancione ed è distribuito da Cargo UK and Road Records provando a descrivere il sound dei Daemien Frost molti giornalisti si sono trovati in difficoltà non avendo comparazioni plausibili con altre bands, ma forse alcuni accostamenti si possono fare con bands tipo: Laddio Bolocko, Don Caballero, Jon Spencer Blues Explosion, Captain Beefheart and Sonic Youth. Da provare!!!!

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PFAFF
Nuova scoperta olandese, band che contemporaneamente porta avanti due progetti, uno poetico performativo e l’altro musicale, si tratta di rock rumoroso e passionale per amanti dei Pixies (2 batterie)
pfaff.musicweb.nl

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30 Aprile 2005 ore 16.00 Palasport Via Rigopiano - PERSCARA
god is my co pilot (usa) southern > allan.hise.org
valina (austria) trost / conspiracy > www.trost.at
rosolina mar (italia) wallace > www.wallacerecords.com
monkey island (uk) ultra / cargo > www.monkey
gone bold (olanda) > www.gonebald.net
bullet union (uk) jealous recs > www.bulletunion.co.uk

GOD IS MY CO-PILOT
"Voglio te nel mio letto e non il mio orsacchiotto... voglio te tra le mie cosce, non le mie mani che non possono dirmi che odore ho... voglio essere una lesbica ma la mamma dice che persone come quelle vanno all’inferno e mi fa paura... e io non so se dovrei avere paura perché mi sembra tutto così bello..." (Can’t be what I am, testo tratto da una lettera arrivata al gruppo).
Sono almeno sei anni ormai che i God Is My Co-Pilot pubblicano dischi geniali senza che nessuno (o quasi) se ne voglia rendere conto. Una musica scomposta e disarticolata, quella del duo formato da Sharon Topper e Craig Flanagin (sempre attorniati dai più improbabili collaboratori), dove convivono allegramente pop e sperimentazione, folk improbabile ed etnìe assortite, chitarre aspre e voci angeliche o schizoidi, brani traditional terribilmente rivisti e corretti e fulminanti intuizioni moderniste. L’artista a cui si avvicinano maggiormente per attitudine è indubbiamente il vecchio e ultracitato Captain Beefheart (la chitarra di Jeff Cotton rivive realmente negli accordi di Craig), per quel gusto folle nel costruire spezzoni di musiche sbilenche eppure del tutto meditate, melodie assurde sopra semplicissime e asperrime sperimentazioni sonore. Chi ha amato i Minutemen e la loro capacità di condensare milioni di idee in un minuto e mezzo si troverà a suo completo agio. Quante band si potrebbero nutrire con tutta questa roba?
Che ricordare allora di questi 53 minuti e 23 canzoni? Pocketful of sugar, che viaggia su un basso miciale e poi si scardina con un demenziale ritornello. Coffee & cake, che parte come valzerino e poi viene deturpata con spasmi di chitarra e batteria. Did it, purissimo Beefheart. Slow dismemberment e Numbness & tingling (con testi tratti da una scatola di aspirine!), rumoriste e caotiche. Quinie Q e Cool, impossibili funk degenerati tra batterie tambureggianti e quasi controtempo (il primo) e inserti simil-jazz (il secondo). Asoi! e Cunla, splendidi traditional. Musica caliente, incredibile patchwork tra latin, sinfonica e rock. Teenage boyfriend, il punk che avremmo sempre voluto e raramente ci è stato concesso, con Chan Marshall / Cat Power alla voce.
Un disco estremo e duro, sperimentale e fuori da qualsiasi schema. Una ventata di follia nel circhetto r’n’r così spesso tanto standardizzato da dare il voltastomaco. Il loro segreto si chiama creatività. La loro arte anarchia. Non mancheranno mai sorprese, ascoltando un disco dei GODCO. Geniali. (BLOW UP)

GOD IS MY CO-PILOT ---- The Best Of (Atavistic/Wide) Children Can Be So Cruel (Miguel/Wide)
Imperturbabili, i simpatici God Is My Co-Pilot, continuano ad incidere molto, mostrando una consistente qualità: lo dimostra anche questo Best Of, la cui denominazione non sarebbe in effetti del tutto appropriata, non raccogliendo brani dai dischi principali del gruppo, ma tratti invece da 45 giri, compilation e progetti mai usciti; eppure di potrebbe proporre anche in quest'ottica, mostrando la qualità e l'impegno messo dal gruppo anche nei suoi progetti minori. Le registrazioni vanno dal '93 al '96 ed il suono è quello che conosciamo, cioè piuttosto (oltre le apparenze) complesso e variegato nei suoi elementi costituttivo, in cui si mediano un'impulsività Free-Form ed invece un senso di concisione e precisione strutturale di derivazione No Wave, e il richiamo a Musiche Etniche e la corrente Lo-Fi, della prima New Wave inglese (nomi come Mark Perry, X-Ray Spex, Slits, Fall: uno dei punti di forza è la cover di Totally Wired dei Fall, incisa per un album omaggio al gruppo mai uscito). A volte per la verità il gruppo si lascia tentare da un suono eccessivamente scarno e dissennato, come nella durissima (ma motivata dal testo) Childhood Dreams o in Björkfruits (o nella Chat Valse del mini Cd Miguel), ma in generale basta che Flanagin si applichi con la sua corrosiva chitarra perchè il suono venga riempito a meraviglia. Altri Highlights del Cd sono l'iniziale Behave, cover degli inglesi Chumbawanba e l'indovinatissima Mezinke Skip, che sovrappone a un indiavoltao campionamento di musiche balcaniche il lancinante clarinetto di Sharon (di solito difficilmente sopportabile, ma qui ben utilizzato), e l'ottima batteria di Kenny Wollesen (membro del New Klezmer Trio e noto anche per le sue collaborazioni con Zorn, in Bar Kokhba e in una delle edizioni di Masada dal vivo (vedi appunto il Cd della Jazz Door/ITM). Come si sà, la formazione del gruppo è per tradizione aperta, e ospita spesso nomi noti: qui Wollesen è presente in quasi tutti i brani, assieme all'ottima bassista Ann Rupel (già nei mitici V-Effect di Rick Brown nell'83, poi con i No-Safety di Chris Cochrane e nei Curlew di George Cartwright); altre presenze sono Anthony Coleman, Christine Bard (batterista degli Shrek di Marc Ribot) ed Elliott Sharp (a proposito dei 45 giri,per acquistare quelli ancora reperibili e la divertente queer zine autoprodotta dal gruppo Homocore N.Y.C, si puo scrivere direttamente a loro allegando almeno un I.R.C.;P.O Box 490,Cooper Station NYC 10276 USA).. Il recentissimo Children Can Be So Cruel è un mini cd (in graziosa confezione Digipak) di otto brani inediti (secondo le note registrati "dal 77 al 96": Ma il gruppo non si è formato nel '90). Tra gli ospiti ci sono Yoshimi dei Boredoms (già su Puss 02), che nei due brani in cui è presente apporta un pò dello spirito anarcoide del suo gruppo; il batterista svizzero Gilles Vincent Rieder (già coi gruppi del "giro" Recommended Debile Menthol, da alcuni anni collaboratore di Jad Fair e dei suoi Half Japanese) e Fred Lomberg - Holm, con il suo violoncello puntualizza il pezzo migliore, una cover di una canzone da film Indiana, cantata a due voci da Sharon Topper e Siobhan Duffy. (MUSIC CLUB)
Link: www.southern.com

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VALINA
"Vagabond" è un secondo full lenght. C'è anche un primo, che a dirla tutta è a tutt' oggi difficilmente reperibile (se non dalle loro mani), dal titolo bizzarro: "Into Arsenal of Codes". "Vagabond" invece, questo molti lo sapranno, è stato registrato da Steve Albini. [ ... ] a Chicago. Ce n'è, a Chicago. "Vagabond", al di là delle questioni relative a registrazione e produzione, è tutto e solo quello che ho ascoltato durante il mese di Luglio. Dopodichè, "Vagabond" è un album di bellezza desueta, una stella sfavillante nel cielo della musica indipendente europea che in pochi hanno saputo ammirare in tutta la sua lucentezza. Ecco allora, la vedo nitidamente, la bocca del lettore che dice: "eeeh, mamma mia, addirittura!!!". Eh sì, addirittura, non scherzo mica. "Vagabond" è, nelle parole di chi per primo ha tentato di dirmi cosa ne pensasse per confrontarsi con le mie opinioni, "un grande mix di un sacco di cose che ci piacciono". Frase che coglie lo Spirito puro, se posso dire. E non che sia un guazzabuglio senza senso della roba che uno in effetti ascolta sul percorso della propria vita e che poi va ad evacuare nella sala prove, cosa che fanno tutti, abbiamo fatto tutti; proprio per niente. Sapete cos'è "Vagabond"? E' il potere bearsi di melodie inusuali e trasversali che originano nell' universo musicale indie sin dalla sua nascita (se ce n'è stata) senza essere distratti dal tappeto musicale intricato e decisamente math al quale sono inerenti; ed il potere bearsi di strutture ritmiche manipolate, frantumate, altamente tecniche senza essere distratti dalle melodie alle quali sottendono. A quanto io mi ricordi, questo con i Don Caballero non era tanto facile farlo. Anche se i Valina, buttato lì di sfuggita, i Don Caballero potrebbero ricordarli per molti versi. Eppure "Vagabond" non è un album decostruito, non più di tanto; ed il suo impianto è lontano anni luce dalla tradizione noise alla quale molti lo hanno ricondotto. "Vagabond" ad un disco degli Shellac non ci si avvicina neppure più di tanto, per dire. Mancano i suoni, quelli più pesanti. Per quel che riguarda gli Slint poi, figuriamoci, niente a che spartire... le schede informative delle band sono decisamente delle puttane. "Vagabond" potrebbe essere piuttosto un album Gern Blandsten, forse addirittura Jade Tree. Ma anche qui, in pochi sarebbero stati in grado di contestualizzarne l' originalità nell' ambito del recinto dei rispettivi "profili" di produzione; ci sarebbe voluto il coraggio che hanno più spesso, se non sempre, le etichette che nell' ambito indipendente sono "più indipendenti". Discorso un po' contorto, se vogliamo; il fatto è che a me suona parecchio. "Vagabond", per cercare di farvelo intendere, è un album di musica di levatura, ma che non per questo manca di approcciare il vostro udito con educazione: quando sa che l' eccessiva preparazione tecnica è ad un centimetro dall' ostentazione, sterza bruscamente e si fa easy per non farvi perdere l' attenzione; quando invece vi sorprende troppo distratti attiva Claus (batterista, divinità) e vi da un pizzicotto cortese per ricordarvi di mantenere gli accendini ben ficcati nella tasca, chè i tempi degli accendini sono lontani e la musica ha spesso bisogno della dovuta concentrazione. Nel senso che "Vagabond", al contrario di una pletora di dischi di catalogo Touch&Go, ci tiene parecchio a farsi capire, è quello che vuole; e però allo stesso tempo non desidera affatto essere preso sottogamba, poiché quella è una abitudine popolare: e se a "Vagabond" gli si dice pop, lui risponde "I say horsehead under your blanket". Quindi attenzione. Diciamo pure, oramai è il caso, che "Vagabond" è un essere umano, una persona, ed io me ne sono innamorato follemente; mentre invece i Valina sono esattamente quello che in questo periodo della mia vita io vedo come "la band ideale". Poi chiaramente i gusti sono quanto di più magmatico esista e le opinioni vanno e vengono con i tempi... ma questo molti lo sapranno." GIORDANO SIMONCINI -STEWEY'S STAR #4
VALINA Vagabond (Conspiracy-Trost/Goodfellas) (di Roberto Michieletto )
Da Linz a Chicago. È stato questo il percorso seguito dai Valina per dare forma compiuta a ‘Vagabond’, loro secondo lavoro (il debutto, ‘Into Arsenal Of Codes’, risale a tre anni or sono). E mi pare ovvio che, essendosi recati in quel di Chicago, siano finiti a registrare il disco presso gli Electrical Audio, sotto la supervisione di Steve Albini. Con simili indicazioni penso che sarete già in grado di intravedere i contorni del sound messo in piedi dal terzetto austriaco, sebbene poi, ad ascolto ultimato e dopo aver fatto le debite riflessioni, vi renderete conto che i contorni di cui sopra sono destinati a rimanere indefiniti o comunque non facilmente scindibili. Infatti i Valina giostrano su più fronti sonori, facendo di volta in volta emergere ascendenze post-core, emo-noise e post rock. Musica “guitar oriented”, ritmicamente complessa, malinconica, figlia di de-costruzioni, scatti, cambi di direzione e break nervosi e precisi incastri geometrici di basso, chitarra e batteria. Un po’ statunitensi e un po’ francesi (cfr. catalogo Prohibtion). (MUSIC CLUB).
Link: www.trost.at/valina / www.movimenta.com / www.kathodik.it
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ROSOLINA MAR

“rock strumentale di una specie molto poco astratta e cerebrale, figlio del sudore più che della teoria e della costruzine a freddo, legato contemporaneamentae ad una moderata vena sperimentale”
Il Mucchio Selvaggio, marzo 2004

Enrico Zambon (chitarra) Bruno Vanessi (chitarra) Andrea Belfi (batteria)

Rosolina mar
Ci siamo formati a Verona, come quartetto, nell’autunno/inverno del 2000. Quattro musicisti (Marco de Togni, Bruno Vanessi, Enrico Zambon, Andrea Belfi) con alle spalle anni di esperienza nel circuito delle band PUNK/HC/NOISE/INDIE locali. Tre chitarre, a volte un basso, una batteria e varie cianfrusaglie (no voce) sono gli attrezzi che utilizziamo per le nostre prime creazioni musicali in cui ancora molto evidenti sono le influenze che ognuno di noi si porta dentro. Si delineano però fin da subito le componenti che tutt’ora sorreggono la nostra attitudine alla cosa: improvvisazione non cervellotica ma di pancia, autoironia, curiosità viscerale, divertimento, energia. Il destino, non una scelta di stile, ci porta a rimanere in tre, senza basso. E sempre la circostanza ci impone di rinnovare il repertorio, laddove non è possibile ri/arrangiare i brani composti in quartetto. Le difficoltà oggettive vengono superate grazie al tempo, alla pratica e, forse, anche grazie ad una spedizione fuori stagione nella località balneare che ci ha prestato il nome. Frutto di questi mesi di composizione intensa, una rinnovata sensibilità musicale al di sopra e attraverso il tempo ed i ‘generi’, accompagnata ad una più sfacciata e disinibita attitudine rock.
Usciamo timidamente dalla sala prove nell’ottobre 2001 per fare da spalla a FRANCOIS CAMBUZAT; da allora saremo impegnati in numerosi concerti in compagnia di BELLINI, DAVID GRUBBS, LIARS, 90 DAY MEN, ENON, LORD BISHOP, RED HOUSE BLUES, FROM HANDS, DEAD BROTHERS, ONE DIMENSIONAL MAN e altri. Scopriremo come l’estemporaneità della situazione concerto con la possibilità di stravolgere i brani a seconda della situazione e dell’umore è ciò che più ci affascina e diverte.

Ufficialmente debuttiamo nell’estate 2003 nella compilation ‘P.O.box 52’ prodotta dalla WALLACE REC. di Mirko Spino, altro persona fondamentale per la storia recente dei Rosolina. Il rapporto con Mirko culmina nella pubblicazione dell’album omonimo nel gennaio 2004, accolto ottimamente dalla critica e da quasi tutti quelli che lo hanno ascoltato.
Questo evento ci ubriaca e noi ci ubriachiamo per l’evento. Ritrovata la lucidità, ci rendiamo conto che il disco non è il punto d’arrivo ma una tappa, il suggello ad un periodo, un mezzo per renderci più visibili e per incrementere sempre di più la nostra attività preferita: viaggiare per suonare.

Chi ci conosce sa bene che esistiamo in quanto ‘live band’. Chi non ci conosce, si lasci toccare dall’energia, dal divertimento e dal sudore (ma anche dalle corda rotte, dalle dita sanguinanti, dalle caviglie insaccate e dalle mani gonfie); l’essenza dei Rosolina Mar.

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MONKEY ISLAND (ULTRA Recordings / CARGO UK London - UK)
I Monkey Island hanno pubblicato il loro debut album "More Pawns ... To the Monkey God of Rock'n'Roll" nel 1996. Suonato, registrato e mixato in 13 ore, il disco fu immediatamente accolto come un classico del garage punk sia dalla stampa mainstream che underground: Metal Hammer disse "Dio buono .. grazie ..." e li salutava con il loro giudizio massimo di 5 stelle. "Punk Blues carnage from the best live band in the U.K." Stevie Chick (Kerrang, NME). L'ultimo singolo "Mussolini's Teaspooms" è stato "Singolo della Settimana" del The Guardian e commentato: "London bests kept secret" (Sleaze Nation). Il loro stile non è atichettabile, è unico, ma sicuramente nelle loro canzoni si possono sentire John Spencer, Thee Headcoats, Black Flag, Fugazi, AC/DC, The Fall and The Bad Seeds. La verità è che il loro suono non è simile a nessuna di queste band ... i Monkey Island hanno costruito da soli la propria reputazione, centinaia di concerti, due album incendiari, sei singoli memorabili....
" No waste, no fat, no flab. Three wiry freaks in suits, all doing vocals and all inconceievably smart, hit the stage like every great Greasydirtisexy performer of the last thirty years rolled into one suckerball punh of 101 percent actane garage punk on the one hand and epic groove-ridden mantras on the other ... Defiantly unfashionable and unrepentantly brillant, they burn with the devilish list of the blues, then go to beserk like the best of white-heat Brit punk rock ..."
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"Bullet Union" cd (2005) Jealous Records
Uscita italiana: 5 Aprile 2005

Album d'esordio per questo quartetto inglese nato dalle ceneri dei Dead Inside comprendente al basso Kay dei Comet Gain. 10 pezzi di post hardcore sulla scia di gruppi indimenticati, quali Drive Like Jehu ed Unwound che catturano su digitale, gli infuocati live shows per i quali sono famosi in patria.
Sferragliate chitarristiche che si intrecciano con una precisissima sezione ritmica accompagnano melodie il più delle volte gridate, fanno di questo disco un lavoro che verrà ricordato a lungo per la fresca capacità compositiva in un genere ormai logorato da tanti, troppi dischi mancanti di personalità.

I Bullet Union si sono formati a Londra nel 2003 e la band comprende Payl Symes e Kay Ishikawa (ex Dead Inside e Kay nei Comet Gain), Robin Christian, Jodie Cox (ex Ursa).

Dopo aver debuttato dal vivo in supporto ai Lungfish, la band ha avuto la fortuna di condividere il palco con artisti quali Black Eyes, Pw Long, Hoover, Blood Brothers, This Ain't Vegas e completare un tour con i Q And Not U.

Tempo quattro concerti ed è giunta l'offerta di far uscire un 7" dall'etichetta inglese Jealous Records. Il 7" è stato molto bene accolto dalla stampa inglese e ora, con il nuovo album, contano di raccogliere quanto di buono seminato fino ad ora. Il nuovo anno appena iniziato, ha visto i Bullet Union essere richiesti dai Blood Brothers per effettuare un tour europeo insieme che li vedrà scendere anche per tre date in Italia

Promotion: Eaten By Squirrels

Links:
www.jealousrecords.com
www.bulletunion.co.uk


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1 Maggio 2005 ore 22.30 The last party - Maharajà Club - PESCARA
xiu xiu (usa) tomlab > www.xiuxiu.org



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