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Il Tempo dei Cavalli Ubriachi (recensione film)   (07/05/2001)

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Il Tempo dei Cavalli ubriachi (Kurdistan 2000)
di Bahman Ghobadi con i cinque fratelli Ekhtiar Dini nella parte di loro stessi.

La vita di cinque ragazzini orfani, i fratelli Ekhtiar Dini, fra cui lo storpio Madi, si svolge in un villaggio ai confini fra Kurdistan e Iraq; la figlia minore deve crescere, Madi deve essere operato per non morire: la ragazza più grande si sposa e i due mediani si destreggiano con vari lavori, ma a quanto serviranno i loro sforzi? Il titolo si riferisce all'uso di far bere alcool, per scaldarli, ai muli che devono trasportare merci di contrabbando oltre confine: ma se i muli si ubriacano e non sono più in grado di muoversi diventa ancora più difficile sfuggire alle imboscate dei cecchini iraqeni.
Il film ha i pregi e i difetti del "cinema-verità", un genere che personalmente non amo a causa della sua programmatica, e a volte ipocrita, ricerca della commozione (penso a "Lavagne" di Samira Makhmalbaf). Tuttavia Ghobadi ha avuto l'intelligenza di organizzare un materiale stilisticamente raffinato e non falsamente grezzo: le immagini bellissime, i complessi piani-sequenza, la delicatezza nel filmare le scene domestiche tolgono qualsiasi volontà "pietistica" (il piccolo Madi sarebbe stato una ghiotta occasione per fare un po'di melodramma...) e lo spettatore, se anche non si sente del tutto partecipe al dramma dei ragazzi, non viene neanche preso in giro. Non so fino a che punto, in casi come questo, si possa parlare di sceneggiatura o di mano autoriale: ma il risultato finale è una pellicola suggestiva e tanto più emozionante quanto più onesta.

Vera Brozzoni
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