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Tabù - Gohatto (recensione film)   (05/05/2001)

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Tabù - Gohatto (Giappone 2000)
di Nagisa Oshima con Beat Takeshi (Hijikata), Ryuhei Matsuda (Kano), Shinji Takeda (Tashiro)

1865: il giovane e bellissimo Sozaburo Kano viene ammesso nella rigida milizia samurai Shinsen Gumi; da subito il suo fascino miete vittime (anche in senso non figurato) e la sua misteriosa sanguinarietà allarma i superiori. Come sempre, affinché la comunità ritrovi la pace è necessario un sacrificio...
Oshima torna alla ribalta con un film carico di passionalità e ambiguità, che all'inizio ha quasi il sapore di un manga: i frequenti sipari neri di commento scritto, l'uso di "tendine" per i cambi di scena, la manifestazione parlata del pensiero dei personaggi rendono l'atmosfera avvincente senza essere (ancora) drammatica, lieve e pur densa di contenuti. Ma mentre l'aria che si respira si fa sempre più inquietante, tali espedienti si fanno radi e lasciano emergere la profondità delle figure: Kano perde la sua aura mitica e immota, i samurai lasciano serpeggiare la sensualità, Hijikata (Takeshi, svilito dal doppiaggio a una sorta di Harvey Keitel giallo) da spettatore esterno ma non innocente riesce infine a cogliere la dinamica morbosa della vicenda; esemplari, in tal senso, le lunghe scene di combattimento, tanto erotiche da divenire summae dell'equazione amore/guerra.
Funzionale al clima di mistero è la fotografia dai toni o torbidi, nelle scene diurne, o acquatica in quelle notturne; viene escluso totalmente il colore rosso, significativamente riservato al sangue, ai costumi delle geishe e al kimono di Kano nel finale. Ma lo splendore delle immagini risultanti non è mai gratuito o fine a se stesso: Oshima usa la bellezza per parlare della bellezza. Oshima cita il libro "I racconti della luna pallida" (da cui il grande Mizoguchi ha tratto il suo quasi omonimo capolavoro) in una scena squisitamente metacinematografica. Oshima è un genio!

Vera Brozzoni
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